Alain Delon

Alain Fabien Maurice Marcel Delon (Sceaux, 8 novembre 1935) è un attore, regista e produttore cinematografico francese naturalizzato svizzero dal 1999 con doppia cittadinanza.

È considerato uno dei più grandi sex symbol della storia, oltre che uno dei più grandi attori francesi al pari di Jean Gabin, o di Jean-Paul Belmondo, suo eterno “rivale” mediatico nella Francia degli anni sessanta. La sua «bellezza derivata dall’aspetto ammaliante, dal viso d’angelo e dagli occhi di ghiaccio ipnotizzanti», gli ha permesso di interpretare uomini cupi, misteriosi, solitari, che molto spesso si rivelavano persino autobiografici del loro interprete.

Fondamentali per la carriera dell’attore sono state le collaborazioni con i registi René Clément, Luchino Visconti e Jean-Pierre Melville; tra i personaggi più celebri da lui interpretati ci sono il cupo e timoroso Rocco di Rocco e i suoi fratelli (1960), il principe Tancredi in Il Gattopardo (1963), il killer Jeff in Frank Costello faccia d’angelo, il gangster Roger Startet in Il clan dei siciliani (1969), il supplente Daniele Dominici in La prima notte di quiete (1972); è stato inoltre Zorro nell’omonimo film di Duccio Tessari del 1975, il misterioso Robert Klein di Mr. Klein (1976) e il barone di Charlus in Un amore di Swann (1984).

Nel 1985 ha vinto il Premio César per il migliore attore per il film Notre histoire; ha inoltre vinto il David di Donatello, l’Orso d’oro alla carriera al Festival di Berlino, mentre nel 1963 ha ottenuto una candidatura ai Golden Globe per il film Il Gattopardo.

Dagli anni settanta ha avuto esperienze anche come produttore cinematografico, tramite la sua Adel Productions, e in qualità di regista come nel thriller Per la pelle di un poliziotto (1981) e nel drammatico Braccato (1983). La sua ultima interpretazione sul grande schermo risale al 2008 nel film Asterix alle Olimpiadi, mentre nel 2017 ha annunciato il ritiro dalle scene.

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Giovinezza

Alain Fabien Maurice Marcel Delon nasce l’8 novembre 1935 nel comune francese di Sceaux (nell’Hauts-de-Seine). Figlio di Fabien Delon (1904-1977), direttore di un piccolo cinema di quartiere, Le Règina, e Edìth Arnold (1911-1995), una giovane commessa di farmacia.[6] La famiglia Delon è originaria di Saint-Vincent-Lespinasse, del Tarn e Garonna; suo bisnonno paterno Fabien Delon (1829-1909), fu decorato con la Legion d’onore nel 1892, mentre la sua nonna, Marie-Antoniette Evangelista, sposò Jean-Marcel Delon, un esattore di Prunelli di Fiumorbo. La leggenda familiare vuole gli Evangelista imparentati coi Bonaparte.[8]. Nel 1939, quando Alain aveva appena 4 anni, i genitori divorziarono e il padre praticamente scomparve per diversi anni. Nonostante il grande affetto, fu proprio la madre ad affidare Alain ad una famiglia adottiva, il cui padre era guardia carceraria della prigione di Fresnes. In quel periodo Alain fu spettatore dell’esecuzione del collaborazionista Pierre Laval,[9] esperienza che da un lato lo turba, ma dall’altro lo affascina.Alain Delon nel 1960

A 8 anni, non potendo più restare con la famiglia adottiva e non potendo tornare dalla madre, vive nel collegio di suore a Issy-les-Moulineaux dove incontrerà uno dei suoi più cari amici, Gérard Salomé, con cui trascorrerà tutta la giovinezza.

A causa del suo carattere perennemente ribelle, dovuto per sua stessa ammissione al trauma subito dalla separazione dei genitori, ottiene brutti voti a scuola, e per questo motivo è costretto a cambiare diversi istituti. All’età di 14 anni lascia la scuola; sua madre, risposatasi con un maestro salumiere, Paul Bologne, lo indirizza come apprendista salumiere nella macelleria del patrigno, in cui Alain si trova subito a suo agio, diventando in breve uno dei dipendenti più proficui. Sempre all’età di 14 anni recitò in Le Rapt, un cortometraggio girato dal padre di uno dei suoi amici.

All’età di 17 anni, sovvertendo tutti gli iniziali obiettivi di diventare maestro salumiere e prendere il posto del patrigno, decide di arruolarsi nella marina francese e nel 1953 viene destinato in Indocina, nel sud-est asiatico, nell’ambito del corpo di spedizione militare francese nella guerra d’Indocina. Dopo 5 anni viene congedato, dopo aver totalizzato ben 11 mesi complessivi di prigione per indisciplina. Tornato in Francia nel 1956, Delon deve affrontare una situazione di ristrettezza economica, svolgendo i lavori più disparati quali il facchino, il commesso, il cameriere nei quartieri malfamati di Montmartre e Halles; per sua stessa ammissione, finì per fare il bohémien sempre a Montmartre.

Grazie alla passione per la giovane attrice Brigitte Auber si allontana da questo mondo e fa la conoscenza dell’attore Jean-Claude Brialy che lo invita al Festival di Cannes, dove la sua bellezza candida e al tempo stesso glaciale non passa di certo inosservata. Si trasferisce a Roma, dove condivide l’appartamento con Gian Paolo Barbieri, che diventerà un famoso fotografo, e gli viene proposto un contratto che lo potrebbe portare a Hollywood a patto di imparare l’inglese. Nonostante Alain inizi un corso di inglese in Francia, il viaggio salta quando il regista e sceneggiatore francese Yves Allégret lo convince a lavorare per lui.

L’esordio nel cinema e i primi successi

Allégret fa esordire Alain nel film Godot (1957). Nello stesso anno il giovane attore entra nel cast del film Fatti bella e taci, in cui duetta per la prima volta con Jean-Paul Belmondo, mentre il primo vero ruolo da protagonista arriverà nel 1958 con L’amante pura, sul cui set conosce l’attrice austriaca Romy Schneider con la quale, nonostante la reciproca diffidenza iniziale, intesse una lunga relazione sentimentale. Giovani, belli e di successo, sono la coppia d’oro del cinema francese e il pubblico li segue con interesse sia al cinema sia sui giornali.Alain Delon in una scena di Rocco e i suoi fratelli (1960)

1781169 Melodie en sous sol de Henri Verneuil avec Alain Delon 1963; (add.info.: Melodie en sous sol de Henri Verneuil avec Alain Delon 1963); © Marcel Dole; .

Nonostante il film con la Schneider non venga apprezzato dalla critica, Delon è ancora l’attore principale in due pellicole di Michel Boisrond: Le donne sono deboli e Furore di vivere entrambi usciti nel 1959, in cui interpreta la parte del giovane rubacuori, bello e fascinoso. Tuttavia sarà grazie a René Clément che Alain Delon conoscerà il primo vero successo da protagonista, con Delitto in pieno sole, tratto da un romanzo di Patricia Highsmith, che gli vale infatti la consacrazione a star: il film otterrà ottimi incassi e farà conoscere il nome di Delon anche oltre i confini francesi. In un’intervista televisiva l’attore ha dichiarato che fu lui ad imporsi per ottenere il ruolo da protagonista, il regista infatti l’aveva chiamato per un altro ruolo.

L’incontro con Luchino Visconti è una tappa fondamentale per la consacrazione internazionale. Nel 1960 infatti è uno dei protagonisti del capolavoro del regista italiano Rocco e i suoi fratelli, ove incarna un personaggio puro e tollerante, così lontano da quelli che diventeranno i suoi ruoli tipici. Il film ottiene un successo clamoroso, vincendo il Leone d’argento a Venezia, facendo sì che Visconti prenda Delon sotto la sua ala, diventando uno dei principali mentori per l’attore. Convince infatti sia Delon che Romy ad affrontare un testo teatrale a Parigi, la prima volta sul palcoscenico per entrambi. In Italia la sua fama si afferma sin da subito, grazie anche a opere di grande spessore artistico, come L’eclisse (1961) di Michelangelo Antonioni, in cui Delon duetta con Monica Vitti rispolverando il personaggio del rubacuori già adottato in Francia con René Clément; al Festival di Cannes il film vince il Premio della giuria. Nello stesso anno viene chiamato nuovamente da Clément per la commedia Che gioia vivere (1961), incentrato sulle avventure di due giovani alla vigilia della Marcia su Roma.

Partecipa a un episodio della commedia Le tentazioni quotidiane (1962) di Julien Duvivier. L’anno successivo arriva la consacrazione internazionale: con Il Gattopardo di Luchino Visconti Delon interpreta il principe Tancredi di Falconieri e recita insieme a personalità come Burt Lancaster e Claudia Cardinale. Premiato con la Palma d’oro al Festival di Cannes, il film ottiene un’eco internazionale e contribuisce a plasmare l’icona di Delon, che si aggiudica una candidatura ai Golden Globe come miglior attore debuttante. In questo periodo Delon, nuova stella cinematografica, sta eclissando Romy che si sta dedicando prevalentemente al teatro.

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Al Pacino

Al Pacino, all’anagrafe Alfredo James Pacino (New York, 25 aprile 1940), è un attore, regista, produttore cinematografico e direttore artistico statunitense.

Considerato uno dei migliori attori della storia del cinema, Al Pacino ha vinto il Premio Oscar nel 1993 (su 9 candidature totali) per l’interpretazione del tenente colonnello Frank Slade in Scent of a Woman – Profumo di donna. Nel corso degli anni ha interpretato personaggi rimasti impressi nella storia del cinema moderno e nella cultura popolare[4], tra cui gangster quali Michael Corleone nella trilogia de Il padrino (1972-1974-1990) di Francis Ford Coppola, Tony Montana in Scarface (1983) e Carlito Brigante in Carlito’s Way (1993), entrambi di Brian De Palma, Benjamin “Lefty” Ruggiero in Donnie Brasco (1997) di Mike Newell e il sindacalista Jimmy Hoffa in The Irishman (2019) di Martin Scorsese.

Altri ruoli per cui è noto sono il poliziotto Frank Serpico in Serpico (1973) e il rapinatore Sonny in Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975), entrambi di Sidney Lumet, il tenente della rapine e omicidi Vincent Hanna in Heat – La sfida (1995) e il giornalista Lowell Bergman in Insider – Dietro la verità (1999), entrambi di Michael Mann, Satana in L’avvocato del diavolo (1997) di Taylor Hackford e il coach degli Sharks in Ogni maledetta domenica – Any Given Sunday (1999) di Oliver Stone. Attore di formazione teatrale, ha vinto numerosissimi premi per le sue interpretazioni sul palcoscenico, dove predilige intensi ruoli shakespeariani[5] (Riccardo III, Shylock, Amleto, Giulio Cesare): dagli anni sessanta ha portato sul palcoscenico, tra le altre, opere di Bertolt Brecht, Eugene O’Neill, Oscar Wilde, David Mamet.

Si è cimentato anche alla regia e sul piccolo schermo ha recitato nella miniserie televisiva Angels in America (2003), dove ha fatto incetta di premi per il ruolo del malato terminale di AIDS Roy Cohn; ha recitato nel ruolo di Jack Kevorkian nel film televisivo You Don’t Know Jack – Il dottor morte (2010), diretto da Barry Levinson e prodotto da HBO. La collaborazione con HBO è proseguita nel 2013 con Phil Spector, dove Pacino ha interpretato l’omonimo produttore discografico.

Pacino nasce ad East Harlem, un quartiere di Manhattan (New York), il 25 aprile del 1940, figlio di Salvatore Pacino (1922-2005), un venditore porta a porta di polizze assicurative italiano originario di San Fratello (Messina), emigrato da ragazzino negli Stati Uniti al seguito della famiglia, e di Rose Gelardi (1919-1962), una casalinga statunitense, figlia a sua volta di immigrati italiani originari di Corleone (Palermo). I genitori divorziarono quando il futuro attore aveva due anni ed il padre abbandonò la Grande Mela per la città di Covina (in California), dove si dedicò a tempo pieno alla ristorazione, lasciando ex moglie e figlio in condizioni di vita molto difficili. Ridotto praticamente in povertà, si trasferì con la madre nel South Bronx, trovando alloggio nella casa dei nonni materni.

Al cominciò a fumare all’età di nove anni e già a tredici aveva avuto esperienze con l’alcool e la marijuana; tuttavia non provò mai le droghe pesanti, anche perché rimase sconvolto dalla morte per overdose di due suoi amici intimi di 19 e 30 anni. Soprannominato “Sonny”, ma anche “l’attore” per via del suo temperamento, sognava di diventare un giocatore di baseball e non era attratto dagli studi: ha frequentato la Herman Ridder Junior High School. In seguito ha frequentato la High School of Performing Arts; la sua più grande scuola fu la strada: infatti, cresciuto nel Bronx, fu coinvolto in qualche rissa e a scuola era considerato un piantagrane.

Il giovane Pacino presentava numerose lacune scolastiche e venne bocciato più volte, finché, all’età di diciassette anni, decise di interrompere definitivamente gli studi. Sua madre non era d’accordo con questa sua decisione e perciò andò via di casa. Gli anni a seguire lo portarono a svolgere numerosi lavori tra cui: il facchino, il lustrascarpe e l’operaio. L’attore ha confessato al New York Post che all’età di vent’anni ha vissuto in Sicilia e «per mangiare e mantenere un tetto sopra la mia testa, decisi di vendere ad una donna più anziana di me l’unico bene che potevo offrire: il mio corpo». Nel 1961 è stato arrestato per porto abusivo d’arma da fuoco (cercò di giustificarsi dicendo che l’arma lo avrebbe aiutato ad immergersi più facilmente nel personaggio che avrebbe dovuto interpretare in un film), mentre l’anno seguente morì sua madre, all’età di 43 anni. Recitava in alcune commedie nei seminterrati dei sotterranei teatrali di New York e tentò di entrare alla prestigiosa Actors Studio, ma venne respinto; venne però ammesso ad essa sul finire degli anni sessanta.

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Alberto Sordi

Alberto Sordi (Roma, 15 giugno 1920 – Roma, 24 febbraio 2003) è stato un attore, regista, comico, sceneggiatore, compositore, cantante e doppiatore italiano.

Fra i più importanti attori del cinema italiano, ha recitato in 160 film ed è considerato uno dei più grandi interpreti della commedia all’italiana con Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi, un quartetto al quale sono generalmente accostati anche Marcello Mastroianni e Monica Vitti. Inoltre, insieme ad Aldo Fabrizi e Anna Magnani, fu tra i massimi esponenti della romanità cinematografica.

Alberto Sordi nacque il 15 giugno 1920 in via San Cosimato 7, nel rione di Trastevere, ultimo figlio di Pietro Sordi (Valmontone, 14 maggio 1879 – Roma, 4 giugno 1941), professore di musica e strumentista, titolare della tuba contrabbassa dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, e di Maria Righetti (Sgurgola, 11 febbraio 1889 – Roma, 29 febbraio 1952), insegnante elementare. La famiglia era composta anche dalla sorella Savina (Roma, 1911 – Udine, 19 agosto 1972), dal fratello Giuseppe (Roma, 1915 – Livorno, 24 agosto 1990) e dalla sorella Aurelia (Roma, 15 luglio 1917 – Roma, 12 ottobre 2014), mentre il terzogenito, anch’egli di nome Alberto, era morto il 24 maggio 1916 dopo pochi giorni di vita.

Trascorse parte dell’infanzia nella cittadina di Valmontone e frequentò la scuola elementare “Armando Diaz”, dove iniziò a improvvisare piccole recite con un teatrino di marionette.Cantò inoltre come soprano nel coro di voci bianche della Cappella Sistina diretto da don Lorenzo Perosi, fino alla precoce trasformazione della voce in basso, divenuta poi una delle sue caratteristiche distintive. Studiò canto lirico e si esibì sulla scena operistica per un certo periodo della giovinezza.

Nel 1936 incise un disco di fiabe per bambini per la casa discografica Fonit e con il ricavato partì per Milano, dove si iscrisse al corso di recitazione all’Accademia dei filodrammatici. Per trasferirsi al nord abbandonò gli studi all’Istituto di Avviamento Commerciale “Giulio Romano” di Trastevere (conseguì comunque come privatista il diploma di ragioniere alcuni anni più tardi per fare contenta la madre).  L’esperienza ebbe un esito fallimentare e si concluse con l’espulsione del giovane Sordi a causa della sua percepibile inflessione dialettale romanesca.

Rientrato nella capitale, nel 1937 trovò lavoro come comparsa a Cinecittà, apparendo nel film kolossal Scipione l’Africano in un ruolo da generico soldato romano. Nello stesso anno vinse un concorso indetto dalla Metro-Goldwyn-Mayer per doppiare la voce di Oliver Hardy (inizialmente presentandosi con lo pseudonimo Albert Odisor),insieme a Mauro Zambuto, che prestava la voce a Stan Laurel. Come Sordi stesso ebbe a raccontare nel programma televisivo Laurel & Hardy – Due teste senza cervello, si presentò alle audizioni privo di esperienza specifica di doppiaggio e con poche aspettative di successo, considerata la concorrenza di professionisti affermati del settore;fu il direttore della MGM a ritenere il suo registro basso e il timbro di voce «caldo e pastoso»un connubio ideale per la notevole mole del personaggio(nonostante la voce di Hardy fosse in realtà nel registro tenorile); fu dunque scritturato senza indugi, debuttando nel ridoppiaggio della comica Sotto zero nel 1939, seguita dal lungometraggio I diavoli volanti nello stesso anno. Nel 1938 apparve sempre come comparsa nel film La principessa Tarakanova con Anna Magnani.Stanlio e Ollio (Stan Laurel e Oliver Hardy), il duo comico per il quale Sordi prestò la voce a Ollio a partire dal 1939

Il 25 giugno 1950, Sordi ebbe l’occasione di incontrare e doppiare dal vivo Hardy, nascosto dietro il sipario assieme a Zambuto, in occasione di una tournée italiana della coppia comica a Villa Aldobrandini a Roma, dove era stato organizzato uno spettacolo per bambini. Come doppiatore, Sordi lavorò fino al 1956; oltre a numerosi altri film di Stanlio e Ollio, diede la voce, tra gli altri, a Bruce Bennett, Anthony Quinn, John Ireland, Robert Mitchum, Pedro Armendáriz e, per gli italiani, a Franco Fabrizi e persino Marcello Mastroianni, nel film Domenica d’agosto del 1950.

La sua voce è riconoscibile anche nei film di Frank Capra La vita è meravigliosa (1946) e di Vittorio De Sica Ladri di biciclette (1948),nonché nel film di Alessandro Blasetti Prima comunione (1950) e ne I pinguini ci guardano del 1956 (ultimo suo lavoro come doppiatore), dove gli animali presenti nella pellicola parlano con le voci di famosi attori. In due occasioni, tuttavia, si trovò come interprete a essere doppiato da un altro attore: nel film Cuori nella tormenta diretto da Carlo Campogalliani nel 1940, venne doppiato da Gualtiero De Angelis, e nel film Il Passatore, diretto da Duilio Coletti nel 1947, dove interpretava il ruolo di un brigante, gli prestò la voce Carlo Romano.

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Jean Paul Belmondo

Jean-Paul Belmondo (Neuilly-sur-Seine, 9 aprile 1933 – Parigi, 6 settembre 2021) è stato un attore francese.

Figlio di Paul Belmondo, uno scultore francese, nato nell’allora Algeria francese da genitori italiani (padre piemontese e madre siciliana), e di Sarah Rainaud-Richard, una pittrice francese, il giovane Jean-Paul si diploma al secondo tentativo presso il Conservatoire national supérieur d’art dramatique, mostra più interesse allo sport che alla scuola (in particolare al pugilato ed al calcio) e, dopo un breve servizio militare in Algeria, inizia il suo apprendistato di attore in teatro, ove recita in classici come L’avaro di Molière e, successivamente, Cyrano de Bergerac di Rostand.

L’esordio cinematografico avviene nel 1956 con il cortometraggio Molière di Norbert Tildian. Nonostante abbia interpretato già pellicole di un certo rilievo – come A doppia mandata (1959) di Claude Chabrol e La ciociara (1960) di Vittorio De Sica – il film che lo consacra come uno dei maggiori attori francesi presso pubblico e critica è Fino all’ultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard, che lo aveva già diretto precedentemente nel cortometraggio Charlotte et son Jules. Dopo il successo con il film di Godard, Belmondo viene contattato da Claude Sautet per recitare accanto a Lino Ventura nel suo noir Asfalto che scotta (1960), molto apprezzato dalla critica. Con l’interpretazione seria e malinconica di Eric Stark, Belmondo dimostra notevole talento e intensità drammatica.

Seguono successivamente le ottime prove recitative in film di buon successo, come Léon Morin, prete (1961) e Lo spione (1962), entrambi di Jean-Pierre Melville, maestro indiscusso del noir francese, regista che tra l’altro era apparso in un cameo nel film Fino all’ultimo respiro, nelle vesti dello scrittore Parvulesco. Nel 1963 Belmondo viene chiamato dal regista Renato Castellani per il suo Mare matto, dove interpreta brillantemente un marinaio livornese, innamorato di una pensionante (interpretata da Gina Lollobrigida) che poi si imbarcherà per trasportare un carico di vino, sotto la guida dell’ammiraglio (Odoardo Spadaro). La pellicola, pesantemente tagliata dal produttore Franco Cristaldi ma riscoperta oggi da molti critici, è un grande esempio di commedia all’italiana, con risvolti malinconici, che offre un grande spaccato dell’Italia degli anni sessanta. Nello stesso anno affianca Stefania Sandrelli ne Lo sciacallo.

Riconosciuto ormai come un divo fra i più popolari del cinema francese, con L’uomo di Rio (1964) di Philippe de Broca, Belmondo inizia la svolta del suo percorso artistico verso un filone più commerciale, tuttavia sempre molto apprezzato dal pubblico. Nel 1970 ottiene infatti un enorme successo internazionale con Borsalino, interpretato al fianco di Alain Delon. Ritornerà solo nel 1974 al cinema d’autore con Stavisky il grande truffatore di Alain Resnais, ma senza riscuotere particolari consensi.

Negli anni settanta si specializza nel genere poliziesco, interpretando spesso molte scene pericolose senza controfigura, intervallando la sua produzione con pellicole drammatiche: in questi anni lavora sotto la direzione di grandi registi come Henri Verneuil, Georges Lautner, Philippe Labro, Jacques Deray e Philippe de Broca. A partire dai tardi anni ottanta, tralasciando crepuscolari pellicole di genere poliziesco, guerra e commedia, come Professione:

UNSPECIFIED – JANUARY 01: Jean Paul Belmondo And Catherine Deneuve. 1969 (Photo by Keystone-France/Gamma-Keystone via Getty Images)

poliziotto (1983), Irresistibile bugiardo (1984), L’oro dei legionari (1984) e Tenero e violento (1987), Belmondo privilegia il teatro, ma ottiene ancora un grande riconoscimento dal cinema nel 1989, quando riceve il Premio César per il migliore attore per il film Una vita non basta di Claude Lelouch.Belmondo nel 2013

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La mattina dell’8 agosto 2001 è colpito da un’ischemia cerebrale che lo allontana dal grande schermo e dal teatro fino al 2008, quando torna al cinema come protagonista del remake francese di Umberto D. di De Sica. Il 18 maggio 2011 è insignito della Palma d’oro alla carriera durante la 64ª edizione del Festival di Cannes. Nel 2016, assieme con il regista Jerzy Skolimowski, gli è assegnato il Leone d’oro alla carriera alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

2763471 By a beautiful Summer Morning; (add.info.: Jean-Paul Belmondo in Par un beau Matin d\’Ete Crime On a Summer Morning by JacquesDeray 1965); Diltz; .

Il 6 settembre 2021 Belmondo muore nella sua casa di Parigi all’età di 88 anni e viene successivamente sepolto nel cimitero di Montparnasse.

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John Lennon

John Winston Ono Lennon, nato John Winston Lennon (Liverpool, 9 ottobre 1940 – New York, 8 dicembre 1980), è stato un cantautore, polistrumentista, paroliere e attivista britannico.Firma

Dal 1960 al 1970 fu compositore e cantante del gruppo musicale dei Beatles, nei quali in coppia con Paul McCartney, compose anche la maggior parte delle canzoni. Con McCartney formò una delle più importanti partnership musicali di successo della storia della musica del ventesimo secolo. È il cantautore di maggior successo nella storia delle classifiche inglesi seguito da McCartney. Nel 2002, in un sondaggio della BBC sulle 100 personalità britanniche più importanti di tutti i tempi, si è classificato ottavo.[6]

Terminata l’esperienza con i Beatles, John Lennon fu anche musicista solista, autore di disegni e testi poetici, nonché attivista politico e paladino del pacifismo. Questo gli causò problemi con le autorità statunitensi (FBI), che per lungo tempo spiarono tutte le sue attività e quelle della moglie Yōko Ono, considerandolo un sovversivo e rifiutandogli più volte la Green Card. Fu assassinato a colpi di rivoltella da un suo stesso fan, Mark David Chapman, la sera dell’8 dicembre 1980 a New York.

Lennon si sposò due volte: dal primo matrimonio con Cynthia Powell ebbe il figlio Julian, mentre dal secondo matrimonio con l’artista giapponese Yoko Ono nacque il figlio Sean. Entrambi i figli hanno seguito la carriera artistica del padre. Dopo il matrimonio con Yoko, John cambiò legalmente il proprio nome in John Winston Ono Lennon.

John Lennon è al 5º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo Rolling Stone.

Si trova inoltre al 55º posto della lista dei 100 migliori chitarristi secondo Rolling Stone.

John Lennon nacque al Maternity Hospital di Oxford Street, a Liverpool, nel pomeriggio del 9 ottobre 1940, mentre era in corso un raid aereo tedesco della seconda guerra mondiale, da una famiglia discendente dagli O’Leannain dell’Irlanda occidentale. La madre Julia, nata Stanley, gli diede come secondo nome Winston, in onore dell’allora primo ministro Winston Churchill. Il padre, Alfred, che si era imbarcato come cameriere su una lussuosa nave diretta nelle Indie Occidentali il giorno dopo il matrimonio, tornava a casa in licenza per brevi periodi e in una di queste occasioni, nel gennaio del 1940, Julia rimase incinta e si accorse di aspettare un bambino quando il marito aveva già ripreso il mare. Nel 1942 i genitori di John si separarono e nel 1945 il padre, Alfred, decise di portare suo figlio con sé in Nuova Zelanda. John si rifiutò e decise di rimanere con la madre. Intanto Julia ebbe un’altra figlia, Victoria Elizabeth, nata nel giugno del 1945 dalla relazione con un soldato gallese, ma fu costretta a darla in adozione con il nome di Ingrid.

Nella primavera del 1946 la zia Mimi prese John sotto la protezione propria e di suo marito George, con cui non aveva figli, con l’intento di responsabilizzare maggiormente sua sorella, da lei considerata ingenua e imprudente. Così John si trasferì a Woolton, al 251 di Menlove Avenue.

Il piccolo John aveva dunque sei anni quando venne allontanato dalla madre per la prima volta. Nel 1946 Julia e Alfred divorziarono. Julia incontrò allora John ‘Bobby’ Dykins e decise di traslocare con lui e John, che nel frattempo non viveva più con gli zii, in un piccolo appartamento. Il padre di Julia mandò Mimi a fare un sopralluogo del nuovo appartamento della famiglia, e una volta giudicatolo inadeguato, John venne riportato a “Mendips”. Il 5 marzo 1947 nacque Julia Dykins, la sorellastra di John, e i genitori tornarono a vivere a Penny Lane. Il 26 ottobre del 1949 venne alla luce anche la seconda sorellastra di John, Jacqueline, detta Jakie, e la famiglia traslocò a Springwood.

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Dr. Seuss

Carlo Verdone

Carlo Verdone, noto all’anagrafe anche con il secondo nome di Gregorio, è nato a Roma il 17 novembre 1950 da Rossana Schiavina e dal critico cinematografico Mario Verdone, che ha contribuito in primis ad avvicinare il figlio al mondo del cinema, condividendo con lui la sua passione. Dopo la maturità classica e il diploma in regia al Centro Sperimentale di cinematografia di Roma, Verdone si è laureato con il massimo dei voti in Lettere Moderne con una tesi interdisciplinare in Letteratura e cinema muto italiano. Durante gli anni ’70 si cimenta nella regia con piccoli cortometraggi, sperimentazioni dedite a illustrare la cultura artistica di quegli anni, con particolare attenzione all’underground cinematografico americano. Come ogni regista in erba, la gavetta che lo attende lo vede ricoprire diversi ruoli, soprattutto come assistente ed è in quest’occasione che collabora talvolta anche con Franco Zeffirelli.

La sua prima esperienza come attore, invece, è dovuta ad un caso di fortuna o sfortuna, che dir si voglia, quando si ritrova costretto a sostituire alcuni attori malati per uno spettacolo del Gruppo Teatro Arte, diretto da suo fratello. È qui che le sue grandi doti

mattatori-ali e il suo trasformismo emergono per la prima volta e non bisogna attendere molto prima che si affermino in TV; infatti, dopo aver portato in scena dodici personaggi diversi a teatro con la performance Tali e Quali nel ’77, riesce l’anno seguente a ritagliarsi un piccolo spazio televisivo in quella fucina di talenti che è stato Non Stop.

Caratteri e macchiette che entrano anche nel suo primo film, Un sacco bello (1980),venuto alla luce dopo l’incontro con il maestro Sergio Leone, da cui Carlo apprende tecnicamente come girare su un set. L’esordio gli vale subito un David di Donatello e un Nastro d’Argento come miglior attore esordiente di quell’annata. Leone gli rimarrà accanto in veste di produttore anche nella sua opera seconda, Bianco, rosso e Verdone (1981), commedia che lancia anche altre importanti collaborazioni, come quella con Elena Fabrizi, la nota Sora Lella, e l’altra con gli sceneggiatori Leo Benvenuti;Piero De Bernardi, a cui il regista si appoggerà fino alla loro dipartita.


Gli anni ’80 sembrano affermare la sua doppia natura virtuosistica di attore e regista con un’escalation di premi ricevuti dalle sue commedie, che iniziano a distaccarsi dal comico viscerale per dirigersi maggiormente verso la commedia italiana, Verdone diventa così un ritrattista dell’italiano medio a cavallo tra gli ’80 e i ’90. Intanto, continua a cooperare con personaggi di rilievo del cinema italiano, come il grande Alberto Sordi, al quale, nonostante l’approccio stilistico diverso, è spesso associato come erede e con cui ha avuto uno scambio lavorativo: Verdone è stato diretto da Sordi in In viaggio con papà(1982), mentre quest’ultimo è stato diretto dal suo più giovane collega in Troppo forte(1986). Proprio in memoria di Sordi nel 2013 girerà Alberto il Grande, un documentario che ripercorre la vita dell’iconico attore romano. Molti altri sono gli interpreti a lui contemporanei che prendono parte ai suoi lavori, come in Compagni di scuola (1988), dove hanno preso parte molti degli attori affermati coetanei a Verdone.
L’ultimo decennio del XX secolo lo vede dirigersi verso film più umoristici, una commedia che diverte sì, ma che lascia l’amaro in bocca, gettando sotto gli occhi degli italiani l’inadeguatezza della società in cui vivono, che tende ad alienare l’uomo; uno sguardo cinico a chi viene isolato, allo strambo, al nevrotico. Uno stile che senza distaccarsi troppo dai dettami della commedia italiana, dà risalto ad un cinema più impegnativo, di cui Verdone diventa uno dei massimi fautori con la sua mimetica, la sua dialettica, la sua camaleontica presenza, tanto da consacrarlo come uno degli attori più amati dal pubblico italiano. Sono un esempio di questo periodo Maledetto il giorno che t’ho incontrato (1992), Al lupo al lupo (1992) o Viaggi di nozze (1995).
Con un nome ormai affermato pienamente, Carlo Verdone apre il terzo millennio con una carrellata di commedie a cadenza biennale, che interagiscono con altri generi, inglobandoli e rilasciando allo spettatore un prodotto che in sé, come nel decennio precedente, non ha solo la venatura comica, ma è multiforme: si va dalla drammaticità di C’era un cinese in coma (2000) fino al sentimentalismo latente di L’amore è eterno finché dura (2004). Il regista, però, non rinnega cosa lo ha portato al successo e decide nel 2008 di riportare in scena i personaggi caricaturali di Bianco, rosso e Verdone e Viaggi di nozze con cui si è fatto conoscere durante la sua carriera, scegliendo i più amati per inserirli in Grande, grosso e…Verdone (2008). Parodia, deformazione, eccesso sono ingredienti che lo distinguono e che continua ad inserire nei suoi lavori anche quando tenta di non forzare troppo la mano sulla caratterizzazione dei personaggi; un umorismo pirandelliano rintracciabile già in Io, loro e Lara (2010), Sotto una buona stella (2014) e che insieme a Benedetta follia (2018) ci restituisce i dilemmi dell’uomo odierno e del continuo tentativo di divenire, di cui ridiamo proprio perché ci immedesimiamo e ci ritroviamo nei suoi atteggiamenti, bizzarri quando li vediamo al cinema, normali quando siamo noi gli agens. Carlo Verdone potrebbe essere definito, oltre che regista e attore, anche ritrattista del nostro tempo, capace con la sua sottile ironia di farci sorridere dei nostri stessi difetti, che esorcizziamo nei suoi film grazie anche a quei comportamenti eccessivi dei suoi personaggi che ci fanno pensare:”anche io sono un po’ così, ma lui è esagerato”.
L’attore e il regista Verdone, però, non sono strettamente legati all’interno della sua carriera, infatti Carlo ha partecipato come interprete a tantissimi film non diretti da lui, come la trilogia di Manuale d’amore di Giovanni Veronesi, nonché il Premio Oscar La grande bellezza di Paolo Sorrentino, per cui ha vinto un Nastro d’Argento come Miglior attore non protagonista.
A Verdone è riconosciuta la capacità di aver messo in luce con la sua regia diverse attrici italiane, molte delle quali hanno vinto premi e onorificenze proprio grazie all’interpretazione nei suoi film, di cui Asia ArgentoMargherita Buy ed Elena Sofia Ricci sono solo tre nomi. Nel 2013 Gianfranco Giagni e Fabio Ferzetti hanno presentato al Festival del Cinema di Roma il documentario Carlo! in onore della sua carriera, ripercorrendo il mito di Verdone tra scene clou e aneddoti raccontati da chi ha lavorato con lui.

Cosa dice la gente

Il modo per cominciare è smettere di parlare e iniziare ad agire.

Walt Disney

Sono le nostre scelte, Harry, che mostrano ciò che realmente siamo, molto più delle nostre abilità.

J. K. Rowling

Non piangere perché è finita, sorridi perché è accaduto.

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Stan Laurel & Oliver Hardy

Stanlio e Ollio, in inglese Laurel & Hardy, sono stati il più famoso duo comico della storia del cinema, interprete del genere slapstick, composto da Stan Laurel (Stanlio in italiano, Stanley o Stan in inglese) di origini britanniche, e dallo statunitense Oliver Hardy (Ollio in italiano, in inglese OliverOllie o Babe). Già prima di lavorare in coppia, erano entrambi attori affermati; Laurel aveva lavorato in 50 produzioni, Hardy in 250. Durante la loro carriera, durata dal 1919 (con una pausa di sette anni fino al 1926) al 1951, hanno interpretato 106 film.

All’epoca del loro primo incontro, era prassi comune per gli attori comici non legarsi a particolari studi cinematografici e lavorare secondo le opportunità disponibili. Fu così che a novembre del 1919, Stan Laurel e Oliver Hardy furono scritturati insieme nel cast della comica Cane fortunato (uscita poi nel 1921), su iniziativa del produttore Gilbert Anderson. Sebbene i personaggi interpretati (Stan un giramondo pasticcione, Oliver un bandito) non presentassero ancora nessuna delle loro caratterizzazioni future e nulla lasciasse presagire che avrebbero lavorato ancora insieme, questo corto è considerato come una sorta di proto-invenzione del duo per come, pur a livello embrionale, dimostrassero già un certo affiatamento,specie in quei tratti di interazione conflittuale di coppia,basata sul marcato contrasto dei caratteri e dell’aspetto fisico su cui poi fondarono il loro stile comico.

Dopo quest’esperienza, approdati entrambi agli Hal Roach Studios (Hardy come attore, Laurel anche come sceneggiatore e regista),si incrociarono di nuovo nel 1926 per il film Get ‘Em young, in cui Laurel dirigeva e Hardy era uno degli attori protagonisti. La lavorazione ebbe un inizio travagliato, a causa di Oliver che si ustionò accidentalmente in un incidente domestico e venne sostituito, per volere del produttore Hal Roach, dallo stesso Stan, che dovette quindi rinunciare alla regia. Fu Roach a raccontare che Laurel, messo al corrente dell’incidente di Hardy e correndo sul set furioso, cadde a terra in maniera comica, suscitando l’interesse in Roach per la verve dei due attori.

Nel 1927 nacque ufficialmente il duo; nei loro primi lavori, tuttavia, i personaggi avevano nomi e connotati diversi da quelli con cui diventarono noti. Nel corto successivo, Zuppa d’anatra, ad esempio, utilizzarono i nomi Hives e Maltravers; il primo cortometraggio acclamato e riconosciuto come primo vero corto della coppia, da Leo McCarey e dallo stesso Stan, è Metti i pantaloni a Philip, anche qui interpretando ruoli non legati alle caratterizzazioni tipiche della coppia Laurel & Hardy.

Nel 1928 i loro personaggi, in alcune comiche, inizieranno a possedere il nome di Laurel e Hardy e infine solo nel 1929 raggiunsero e agglomerarono tutte le caratteristiche standard per poter essere chiamati “Stanlio e Ollio”.

Con Metti i pantaloni a Philip ebbe ufficialmente inizio l’unione di Stan Laurel con Oliver Hardy, che li porterà a girare 106 film, tra corti e lungometraggi a una media di 7-8 all’anno, accompagnati da cast di attori non protagonisti spesso ricorrenti. Le spalle che più spesso lavorarono con loro furono tra il 1927 e il 1929: James Finlayson, Edgar Kennedy e Tiny Sandford in ruoli da antagonisti; per i ruoli femminili, Dorothy Coburn, Anita Garvin, Viola Richard e Dorothy Christy, spesso in ruoli antagonistici di mogli tiranniche o donne con cui Stanlio e Ollio venivano a trovarsi in conflitto.

No Merchandising. Editorial Use Only Mandatory Credit: Photo by Bournemouth News/REX/Shutterstock (633992c) Laurel and Hardy’s autograph which is estimated to fetch £700 at auction Autograph collector Alan Robinson, auctions off his million pound collection, Britain – 23 Jan 2007

Dal 1931 in poi alcuni membri dei personaggi secondari cambiarono, anche se alcuni accompagnarono la coppia per quasi tutta la loro carriera cinematografica. Fra gli altri vi sono Finlayson, presenza ricorrente fino al 1940, Mae Busch in ruoli femminili, Charlie Hall e Billy Gilbert in ruoli da antagonista o vittima.

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Monica Bellucci

Monica Bellucci (Città di Castello, 30 settembre 1964) è un’attrice e modella italiana.

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Considerata una delle più celebri sex symbol a cavallo tra gli anni 1990 e 2000,[1][2] nella sua carriera ha preso parte a svariati film di notevole successo internazionale, fra cui Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola, Malèna di Giuseppe Tornatore, Matrix Reloaded e Matrix Revolutions di Larry e Andy Wachowski, La passione di Cristo di Mel Gibson, I fratelli Grimm e l’incantevole strega di Terry Gilliam e Spectre di Sam Mendes, ed è stata molte volte protagonista di pellicole destinate a far discutere a causa delle scene di violenza in esse contenute: fra le più note Dobermann e Irréversible.

Nel 2003 è la prima donna italiana cui viene affidato il ruolo di madrina alla 56ª edizione del Festival di Cannes.[3] Nel 2004 diventa la prima personalità non francese scelta ad attivare l’illuminazione degli Champs Élysees nella tradizionale cerimonia natalizia.[4][5] È stata membro della giuria in rappresentanza dell’Italia al Festival di Cannes del 2006,[6][7][8] e torna ad essere madrina dello stesso nel 2017, in occasione della 70ª edizione.[9][10] Su invito dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences diventa membro fisso nella minoranza italiana votante dell’accademia,[11] esprimendo per la prima volta il voto nel 2018 in occasione della 90ª edizione dei Premi Oscar.[12]

Figlia unica di Pasquale Bellucci, impiegato di un’azienda di trasporti, e di Brunella Briganti, casalinga, cresce a Selci-Lama, una frazione di San Giustino, nel tifernate. Dopo avere ottenuto la maturità classica presso il liceo “Plinio il Giovane” a Città di Castello, comincia a lavorare come modella per pagarsi gli studi presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia, che tuttavia abbandona nel 1988 per trasferirsi a Milano e dedicarsi completamente alla moda e alla recitazione.[13]

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Sposa molto giovane il fotografo italiano di origine argentina Claudio Carlos Basso con una cerimonia molto riservata, ma i due si separano nel giro di qualche mese.[14][15] Dal 1990 ha una relazione di circa sei anni con l’attore italiano Nicola Farron, finché sul set del film L’appartamento, conosce l’attore francese Vincent Cassel. I due si sposano il 3 agosto 1999 a Montecarlo[15] e hanno due figlie, nate entrambe in Italia, a Roma, per volontà dell’attrice[14]: Deva, il 12 settembre 2004 e Léonie, il 21 maggio 2010.[20] Nell’agosto 2013, dopo alcune voci riportate da una rivista di gossip francese, l’ufficio stampa dell’attrice annuncia tramite ANSA la separazione di Monica dal marito dopo quattordici anni di matrimonio, definendola “di comune accordo”.[21] I due non avevano mai vissuto insieme per lunghi periodi e l’attrice ha sempre dichiarato di fare una vita “nomade”, spostandosi soprattutto fra Italia, Parigi e Londra (dove dal 2003 possiede un appartamento nel quartiere Chelsea[22]), a differenza del marito, che appena libero da impegni cinematografici si reca a Rio De Janeiro.

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Dal 2011, tuttavia, la coppia aveva occasionalmente trascorso con le figlie del tempo in Brasile, dove nell’autunno 2012[23] e nel gennaio 2013[24] l’attrice annuncia un imminente trasferimento.[25][26] La sua permanenza nella città carioca durerà non molte settimane, prima della separazione definitiva. Da allora l’attrice risiede con le figlie a Parigi. Quattro anni dopo, nel marzo 2017, il sito Dagospia pubblica un articolo in cui vengono riportati alcuni dettagli della doppia vita che l’attore francese conduceva a Rio alle spalle della moglie.[27]

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 Tali indiscrezioni, che sarebbero le ultime reali motivazioni del divorzio voluto da lei, verranno pienamente confermate, seppur con riserbo, nelle interviste all’attrice nei mesi successivi.[28] Dal settembre 2016 possiede anche un’abitazione a Lisbona,[29] dove ha dichiarato di volersi trasferire.

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Si è dichiarata agnostica, nonostante abbia ricevuto un’educazione cattolica.[30] Oltre all’italiano parla correntemente il francese e l’inglese; conosce anche il portoghese e lo spagnolo.[31] Ha inoltre recitato in aramaico, persiano, serbo, latino, in un dialetto del sud francese e in diversi dialetti italiani. Il 27 settembre 2009 è tra i firmatari dell’appello rivolto alle autorità svizzere per il rilascio del regista Roman Polański, detenuto in attesa di essere estradato negli Stati Uniti.[32] Il colonnello Valerio Gildoni era suo cugino

Brigitte Bardot

Brigitte Anne Marie Bardot, anche conosciuta come B.B. (Parigi, 28 settembre 1934), è un’attrice, ex modella, cantante e attivista francese.

Dopo gli esordi come danzatrice classica, diviene prima modella, posando per svariate copertine di riviste di moda, quindi attrice e infine, dal 1962, anche cantante. Negli anni del successo si consacrò come un’icona sexy. Dal 1962, inoltre, è un’attivista per i diritti degli animali, attività che l’ha assorbita completamente a partire dal suo abbandono del cinema avvenuto nel 1973.

Figlia dell’industriale Louis “Pilou” Bardot (1896-1975) e di Anne-Marie Mucel (1912-1978), i genitori impartiscono a lei e alla sorella Marie-Jeanne un’educazione severa. L’infanzia di Brigitte non è molto felice: la madre dimostra infatti una spiccata preferenza per la sorella minore e lei soffre di ambliopia, che non le permette di vedere attraverso l’occhio sinistro. I suoi unici momenti di gioia sono quelli passati a studiare danza classica. Già all’età di 7 anni inizia a muovere i primi passi e a 15 anni è iscritta al Conservatorio di Parigi.

Il padre è un grande appassionato di cinema e realizza molti filmati amatoriali con protagonista la figlia, mentre la madre è appassionata di moda e danza. Frequentano il mondo alto-borghese, che comprende non solo industriali ma anche artisti e personalità della cultura.

Hélène Lazareff, direttrice della rivista Elle e amica della madre decide di ingaggiarla per dei servizi fotografici di moda per adolescenti e Brigitte diventa ben presto la mascotte della rivista comparendo spesso anche in copertina.

Grazie a queste foto viene notata dal regista Marc Allégret, il quale riesce a organizzare un incontro con la ragazza, nonostante la forte opposizione dei suoi genitori. A questo incontro è presente anche il giovane assistente Roger Vadim. Il film non va in porto ma tra Brigitte e Roger nasce un amore e, sebbene i genitori di lei siano fortemente contrari alla relazione, l’unica cosa che ottengono è che la ragazza potrà sposarsi solo dopo aver raggiunto i 18 anni, e non prima.

Brigitte Bardot alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (1958).

La sua prima apparizione sul grande schermo risale al 1952 con il film Le Trou normand. La prima esperienza non si rivela facile per l’attrice, che ha accettato solo per il compenso di 200.000 franchi, ciononostante accetta un nuovo film dove è già protagonista: Manina ragazza senza veli.

Pur in un periodo di grande sviluppo del cinema europeo, la sua ascesa è comunque straordinaria: è una delle poche attrici europee a catturare l’attenzione dei mass media negli Stati Uniti. Lei e Marilyn Monroe diventano icone della sessualità femminile degli anni cinquanta e degli anni sessanta e ogni sua apparizione pubblica negli Stati Uniti viene seguita dai mass media.Brigitte Bardot nel film Erasmo il lentigginoso (1965)

Proprio grazie a questo film, così come le sue apparizioni a Cannes e in numerosi album fotografici, contribuiscono alla diffusione del bikini. Brigitte è anche una delle prime a esibire, in qualche occasione, il monokini. In Francia, dove il topless è già allora abbastanza comune, la cosa non suscita particolare scalpore, ma negli Stati Uniti d’America viene considerata scandalosa. La moda eccentrica degli anni sessanta le si addice tanto da diventare, al pari di Marilyn Monroe e Jackie Kennedy, un soggetto dei dipinti di Andy Warhol.

I suoi film dei primi anni cinquanta sono per lo più storie romantiche poco impegnate, alcune delle quali a sfondo storico, in cui Bardot interpreta spesso la parte di un’ingenua eroina o di una sirena d’amore. Appare in piccole parti in tre film in inglese: Elena di Troia (1956), prodotto dalla Warner Bros., in cui, dopo aver quasi ottenuto la parte di protagonista, appare invece come ancella di Elena; Atto d’amore (1954) e la commedia Dottore in alto mare (1955), entrambi accanto a Dirk Bogarde. Dopodiché anche i suoi film in francese vengono distribuiti internazionalmente.

Ma Roger Vadim non è soddisfatto di ciò: in questi anni i registi e le star francesi della Nouvelle Vague sono molto apprezzati a livello internazionale, ed egli pensa che Bardot non sia adeguatamente valorizzata. Cercando di promuoverla come attrice impegnata, la scrittura così in Piace a troppi, dove recita accanto a Jean-Louis Trintignant. Il film, che narra la storia di una disinvolta adolescente che vive in una piccola e rispettabile cittadina, diventa un grande successo internazionale, trasformando l’attrice in una celebrità mondiale. In questo periodo girano voci di una sua relazione con il co-protagonista Trintignant, che poi si riveleranno fondate. Il film, spesso ritenuto, a torto, il suo primo lavoro (in realtà era il diciassettesimo) la lancia nel grande cinema. Brigitte Bardot in Italia nel 1958

Vadim le procura inoltre un invito a Hollywood, dove viene giudicata troppo risque da gestire: il cinema statunitense è ancora sotto le ferree regole del Codice Hays e perciò sono favorite attrici acqua e sapone come Doris Day, che rappresenta la perfetta moglie americana, mentre già Jane Russell, che in La linea francese (1953) mostra l’ombelico, viene considerata di aver osato troppo. L’erotismo vellutato di Brigitte Bardot in Mademoiselle Pigalle (1956) va bene al box office, perché chiaramente etichettato come “europeo”. Peraltro la limitata conoscenza dell’inglese da parte di Bardot e il suo forte accento, delizioso alle orecchie degli uomini, non la favoriscono certo durante il suo soggiorno hollywoodiano. Ad ogni modo, una volta rientrata in Europa, la sua immagine pubblica ne trae giovamento, e quando, all’inizio degli anni sessanta, Hollywood cede per qualche tempo il passo, Brigitte Bardot viene indicata come dea del sesso del decennio. Questo è anche un periodo di disaccordi sulla direzione da dare alla sua carriera: i suoi film acquistano spessore, ma ciò la sottopone a una maggiore pressione, dal momento che, pur inseguendo l’approvazione della critica, gran parte del mondo continua a vedere in lei una modella glamour.

La verità (1960), diretto da Henri-Georges Clouzot, si rivela un film doloroso ma al contempo molto importante per la sua carriera. Durante la lavorazione trascura la famiglia (il marito malato e il figlio appena nato), il regista si rivela molto esigente nei suoi confronti e lei inizia una relazione con il protagonista Sami Frey. Tutto questo influisce sulla sua recitazione anche perché il suo personaggio ha diversi punti in comune con lei, soprattutto l’assoluta voglia di libertà che il mondo benpensante borghese vuole soffocare. Poco dopo la fine delle riprese infatti tenta il suicidio. Il film comunque si rivela un grande successo e la sua interpretazione molto apprezzata dalla critica e dal pubblico.

Vita privata (1961), diretto da Louis Malle, contiene più di un elemento autobiografico. La scena in cui, rincasando, il personaggio interpretato da Bardot incontra una signora di mezz’età che la insulta, è basato su un episodio realmente accaduto, e getta una luce sugli aspetti meno noti della celebrità a metà del XX secolo. Poco tempo dopo, Brigitte Bardot si ritira nel Sud della Francia e in quel periodo tenta il suicidio, ma nei primi anni sessanta, in piena rivoluzione sessuale, il suo stile di vita apparve più normale e la pressione su di lei comincia ad attenuarsi.

Nel 1965 appare nel ruolo di sé stessa nel film Erasmo il lentigginoso (Dear Brigitte), a fianco di James Stewart. Nel corso degli anni sessanta, compare in film patinati come Viva Maria! (1965) e muove i primi passi nella musica pop, vivendo fino in fondo il suo ruolo di icona femminile. Nel 1974, appena prima del suo quarantesimo compleanno, Brigitte Bardot annuncia il suo ritiro dalle scene, dopo aver girato più di cinquanta film e inciso diversi album discografici. Nello stesso anno posa nuda sul numero di settembre dell’edizione italiana di Playboy.

Brigitte Bardot nel 1962

A partire dal 1962 Brigitte Bardot inizia ad affiancare alla carriera cinematografica anche quella di cantante, pubblicando svariati singoli e album. Nel 1967 collabora con Serge Gainsbourg, il quale scrive per lei alcune canzoni, comprese Bonnie and ClydeComic Strip e Je t’aime… moi non plus. Quest’ultimo brano viene scritto da Gainsbourg in una notte assieme a Bonnie and Clyde, per esaudire la richiesta di Bardot che voleva “la più bella canzone d’amore” che lui potesse immaginare.[1] La canzone viene registrata dai due nell’inverno del 1967, durante la loro breve relazione, e trasmessa solamente una volta da radio Europe 1 suscitando scandalo. Gunter Sachs, a cui giunge voce della cosa, va su tutte le furie e minaccia un’azione legale, cosa che spinge Bardot a chiedere a Gainsbourg di non pubblicare il brano, che uscirà solamente nel 1986 in una versione remixata. Un anno più tardi la canzone viene nuovamente registrata da Gainsbourg con la sua nuova compagna, Jane Birkin e diviene un censuratissimo successo planetario.

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Nicole Kidman

. (Photo by Mike Marsland/Mike Marsland/WireImage)

Nicole Mary Kidman (Honolulu, 20 giugno 1967) è un’attrice, produttrice cinematografica e produttrice televisiva australiana con cittadinanza statunitense.

Nel corso della sua carriera si è aggiudicata numerosi riconoscimenti, tra cui un premio Oscar, quattro Golden Globe, un premio BAFTA, un Orso d’argento al Festival del cinema di Berlino, sei AACTA Awards, due premi Emmy, un Critics’ Choice Award ed uno Screen Actors Guild Award. Essendo nata da genitori australiani nelle Hawaii, ha la doppia cittadinanza australiana e statunitense. Fondatrice e proprietaria della casa di produzione Blossom Films, è un’ambasciatrice di buona volontà per l’UNICEF dal 1994 e per UNIFEM dal 2006. Nel 2006 è stata insignita del titolo di Compagno dell’Ordine dell’Australia.

CANNES, FRANCE – MAY 22: Nicole Kidman attends the “The Killing Of A Sacred Deer” photocall during the 70th annual Cannes Film Festival at Palais des Festivals on May 22, 2017 in Cannes, France. (Photo by Mike Marsland/Mike Marsland/WireImage)
(Photo by Mike Marsland/Mike Marsland/WireImage)

Si è imposta all’attenzione internazionale per i suoi ruoli in film come Ore 10: calma piatta (1989), Billy Bathgate – A scuola di gangster (1991) e Cuori ribelli (1992); nel 1995, grazie al ruolo di Suzanne Stone nel film Da morire (1995) di Gus Van Sant, viene elogiata dalla critica, tanto da aggiudicarsi, per questo ruolo, il suo primo Golden Globe come miglior attrice in un film commedia o musicale. Successivamente recita in un altro film di successo, Ritratto di signora (1996).

Tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila che Nicole Kidman raggiunge l’apice della propria carriera cinematografica, interpretando ruoli molti impegnativi in diversi generi di film, quasi tutti, comunque, dal taglio parecchio atipico e sperimentale e che risultano in grado di valorizzare pienamente il suo talento recitativo e che ne consolidano il successo: Eyes Wide Shut (1999) di Stanley Kubrick, il thriller The Others (2001), il musical Moulin Rouge! (2001), che rivela anche le sue doti canore e grazie al quale si aggiudica il secondo Golden Globe come miglior attrice in un film commedia o musicale e la prima candidatura all’Oscar come miglior attrice, Moulin Rouge (2002) Ritorno a Cold Mountain (2003), Birth – Io sono Sean (2004) e, soprattutto, The Hours (2002) di Stephen Daldry, nel quale interpreta la scrittrice inglese Virginia Woolf, riscuotendo enormi consensi di critica e aggiudicandosi, fra gli altri premi, l’Orso d’Argento alla miglior attrice al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, il Golden Globe alla miglior attrice in un film drammatico, il premio BAFTA alla miglior attrice protagonista e l’Oscar alla miglior attrice.

La terza candidatura all’Oscar come miglior attrice l’ha ricevuta per la sua interpretazione nel film Rabbit Hole (2010), mentre la quarta nomination – stavolta come miglior attrice non protagonista – l’ha ottenuta per il film Lion – La strada verso casa (2016). In seguito si è aggiudicata il suo quarto Golden Globe e due Premi Emmy per la sua magistrale interpretazione di Celeste Wright nella serie televisiva di successo Big Little Lies – Piccole grandi bugie (2017-2019). Negli ultimi anni, Nicole Kidman ha riscosso ulteriore successo grazie a film come Boy Erased – Vite cancellate (2018), Destroyer (2018), Bombshell – La voce dello scandalo (2019) e alla miniserie televisiva The Undoing – Le verità non dette (2020). Insieme a Geoffrey Rush, Russell Crowe e Cate Blanchett, è l’unica attrice australiana ad aver vinto il premio Oscar.

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